Nel Libera Me il baritono diventa “strumento” di un’idea della morte luminosa e liberatoria. Sensazione rafforzata dalla ripetizione del Libera Me da parte del coro, che riprende in consegna l’intera frase melodica dandole una visione di eterna pace e bellezza. Il terrore procurato dal pensiero del giorno del Giudizio si dissolvono nel momento di maggiore potenza vocale del coro: Fauré, evidentemente, anziché manifestare l’angoscia interiore della morte con sonorità cupe e spettacolari, assegna al coro il compito di guardare al Paradiso – anzi, dal Paradiso – con un crescendo melodico e tenerissimo sulle parole quando coeli movendi sunt et terra / Dum veneris iudicare sæculum per ignem, cioè “quando la terra e il cielo si muoveranno / mentre tu verrai a giudicare il mondo con il fuoco”. Ponendo così anche la potenza sonora del coro in sintonia con lo stile dolce e carezzevole di tutto il Requiem. Com’è stato osservato in modo acuto dal musicologo Marco Bernabei, il Requiem di Fauré è nostalgia della vita piuttosto che terrore della morte, quasi che fossero i morti a cantare per i vivi, e non viceversa. L'efficacia dell'esecuzione è data dalla deliberata volontà di far parlare la musica “dall'interno”: assecondando ora i toni crepuscolari, ora i momenti di estasi lirica, ora i bagliori meditativi di questa splendida composizione, senza mai apparire retorico o distaccato. Lungo una traiettoria che non smorza mai la tensione fino al brano finale accompagnato dall'incantevole invocazione In Paradisum, fin sulla soglia dell'Eden, sussurrando la parola “requiem”; quell'eterno riposo che Fauré auspica per sé e per l'intera umanità, nella fiduciosa consapevolezza della misericordia divina.
La composizione fu eseguita per la prima volta il 16 gennaio 1888 nell’Eglise de la Madeleine a Parigi, in seguito lo stesso Fauré confidò a un giornalista: «È stato detto che il mio Requiem non esprime il terrore della morte, qualcuno l’ha definito una ninna nanna. Ma è così che io sento la morte: come una liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà, piuttosto che un passaggio doloroso […]. Può darsi che d’istinto abbia anche cercato di uscire dalle convenzioni; da tanto tempo accompagno all’organo servizi funebri. Ne ho fin sopra i capelli. Ho voluto fare un’altra cosa».
Fauré, Gabriel – Requiem op. 48 for Soli, Choir, Organ and Orchestra
La Chiesa di San Paolo tra le Mura' è la prima chiesa non cattolica costruita a Roma dopo l'unità d'Italia. Più precisamente, fu costruita tra il 1873 e il 1880 come basilica anglicana nel quartiere di Castro Pretorio, in Via Nazionale, Roma. Il suo stile artistico è romanico‐gotico e la sua facciata esterna è caratterizzata dall'alternanza di mattoni rossi e calcarei. L'interno presenta una dettagliata raffigurazione della vita di San Paolo e dell'Apocalisse. Queste opere si trovano rispettivamente sulle tre navate con vetrate e sui meravigliosi mosaici. Inoltre, alcune famose figure ottocentesche possono essere identificate come rappresentanti alcuni padri della chiesa nei mosaici elaborati. Si tratta di Abraham Lincoln, Joseph Garibaldi e del generale Grant protagonista della guerra di secessione americana. In più, in questa location sono ospitati numerosi e suggestivi eventi classici, come le rappresentazioni di opere popolari come La Traviata.